Il bassista dei Tiromancino Francesco Stoia si racconta a Basilicata Magazine

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Dal palco di Battiti Live alla sua Marconia: Francesco Stoia, bassista dei Tiromancino, si gode i momenti di tranquillità in famiglia, prima di rituffarsi nei numerosi impegni musicali che lo attendono nelle prossime settimane in giro per l’Italia.
Prima di lasciare la sua terra, si è concesso ai nostri microfoni per una chiacchierata sulla sua carriera e ha raccontato i suoi progetti futuri. Il tutto in un clima molto informale, segno che l’artista lucano, nonostante il grande successo e la notorietà, non si è trasformato e ha mantenuto intatta la sua personalità.
Francesco, come è iniziato il tuo amore per la musica e come l’hai coltivato nel corso della tua carriera, fino all’ingresso nei Tiromancino?
Grande merito per questa passione va attribuito senz’altro a mio padre, bassista anche lui e con una band che tutt’ora va rockeggiando in vari posti: lui mi ha avvicinato alla musica all’età di otto anni e mi sono lasciato prendere da questo mondo fantastico. A soli dieci anni abbiamo deciso con un mio amico di tirare su una band: all’inizio suonavo la chitarra, ma avendo trovato un altro chitarrista e un batterista decisi di dedicarmi al basso, affidandomi anche all’estro e agli insegnamenti di mio padre. Suonavamo metal e punk. Dopo le tante band locali, a diciotto anni, una volta diplomato, sono partito per Roma e qui, con alcuni ragazzi di Matera, abbiamo suonato metal tecnico ad altissimi livelli. Con i Men’s Code, nel periodo del cross-over, abbiamo girato l’Italia con vari concerti, fino ad arrivare a Le Mani, il mio gruppo fino a due anni fa.

Proprio con Le Mani ti sei consacrato come uno dei bassisti più bravi e apprezzati d’Italia. Come giudichi questa tua esperienza?
E’ stata un’esperienza fantastica e indimenticabile: iniziammo con la casa discografica BMG, ma il vero successo è giunto con la collaborazione con Universal; firmammo per due album che si rivelarono un successo straordinario, con canzoni nei primissimi posti delle classifiche nazionali e una notorietà non indifferente. Il terzo disco ebbe, come risultati, un successo minore perché passare da una etichetta “major” ad una indipendente provoca senz’altro delle ripercussioni: passammo, infatti, dalle cinquantamila tirature del primo disco e dalle trentamila del secondo alle tremila dell’ultimo. Proprio in questo periodo Federico Zampaglione, mio grande amico, mi propose di suonare con lui nei Tiromancino e accettai entusiasta di intraprendere questa nuova avventura in una delle band più affermate nella scena musicale nazionale.

Sei soddisfatto del successo raggiunto dal tuo attuale gruppo?
Come potrei non esserlo: il singolo “Liberi”, oltre ad essere stato per settimane primo nelle classifiche, è ancora nella top-ten di i-Tunes, mentre “Immagini che lasciano il segno”, canzone dedicata alla figlia di Federico Zampaglione e Claudia Gerini, Linda, è una delle canzoni più ascoltate dell’anno. Due giorni fa è uscito il nuovo singolo “Mai saputo il tuo nome”: abbiamo realizzato un video con un cast eccezionale composto da Carolina Crescentini, Claudia Gerini, Sabrina Impacciatore, Adriano Giannini, figlio del mitico Giancarlo, e Francesco Arca. Dopo l’anteprima a Coming Soon Television, dalla prossima settimana partirà anche sui canali musicali.

Qual è stato il concerto più emozionante che hai vissuto nella tua carriera?
Il palco che più mi ha emozionato e allo stesso tempo spaventato è stato quello del Primo Maggio: noi eravamo tra i big insieme a Piero Pelù. Quel palco è fatto in maniera particolare perché è diviso in due, con la piattaforma mobile che, girando, permette il passaggio da una band all’altra. Prima di iniziare a suonare, ero pronto, caricato a mille e abbastanza tranquillo, ma, quando la piattaforma ha iniziato a girare, mi sono trovato con settecentomila persone davanti e ho provato un’emozione unica; il concerto è andato alla grande visto che abbiamo ottenuto ampi consensi. Ma anche con Le Mani abbiamo fatto concerti di grande spessore e con ottimi risultati. Ricordo il Festivalbar, ma ancora di più la partecipazione all’ “Heineken Jammin Festival”, dove eravamo l’unica band italiana e fummo anche gli unici ad esibirci perché, a causa delle pesanti piogge, il palco crollò. In quella edizione partecipavano band del calibro dei Linkin Park, The Killers, Pearl Jam, My Chemical Romance. Questo fa capire anche il grande livello che avevamo raggiunto con il nostro gruppo.

Qual è un sogno che serbi dentro te e che vorresti realizzare nel corso della tua carriera?
Il 90% dei miei sogni li ho già realizzati, ma posso dirti che ad ottobre ne realizzerò uno a cui tengo particolarmente grazie alla collaborazione con un cantante americano straordinario. Ma non posso dirti altro, nei prossimi mesi scoprirete tutto.

Cosa manca in Basilicata per poter emergere come musicista e per permettere ai tanti giovani che suonano di poter realizzare i loro sogni e costruire una grande carriera come la tua?
In primis mancano le strutture per permettere a questi ragazzi di coltivare ed accrescere la loro bravura e la loro passione; poi c’è da considerare anche il comportamento poco collaborativo dei proprietari di pub e locali che, piuttosto che promuovere serate con band locali che si esibiscono con proprie canzoni, ospitano le cover band che naturalmente costituiscono una migliore calamita per i clienti. I musicisti che fanno musica propria non sono troppo apprezzati e la cosa accade non solo qui, ma anche nelle grandi città: ovunque si preferisce una band che sia già affermata. Come in tutti i settori, anche nella musica c’è poca fiducia nei giovani. Poi mettiamoci pure che questi giovani musicisti spesso non vengono pagati e naturalmente questo influisce negativamente sulla vita di una band: infatti ci sono costi da affrontare per la strumentazione e per la manutenzione che limitano fortemente l’attività dei giovani, i quali magari dipendono ancora dalle famiglie e non possono spendere più di tanto. Bisogna motivare gli artisti premiando e riconoscendo i loro sacrifici e dare fiducia ai giovani per vedere crescere la musica nel territorio e in tutta Italia.

Proprio nel territorio di Pisticci e Marconia ci sono numerosissime band di giovani e meno giovani che suonano per passione e per amore verso la musica. Tu, in quanto componente dei Tiromancino, che consiglio puoi dare a questi aspiranti artisti?
Ragazzi, studiate perché la musica, se suonata bene, porta a grandi risultati e importanti riconoscimenti. Non mollate mai e metteteci il cuore in ogni singola nota perché la tecnica da sola non basta: ci vogliono passione e coraggio per raggiungere grandi traguardi.

Nelle prossime settimane sarai impegnato nel tour estivo con i Tiromancino. Dove suonerai?
Dopodomani saremo a Bibione, mentre in zona saremo il 29 luglio a Vallo di Lucania, in Provincia di Salerno, poi Brindisi, Trani, il 16 agosto a Corleto Perticara, in provincia di Potenza e il 30 agosto a Budoni. A settembre due date a Napoli. Insomma, sarò molto impegnato con il mio basso e con i miei compagni.

Cosa porti della tua terra nel tuo lavoro e nella tua passione per la musica?
Ogni posto ti forma: della mia terra rimangono indelebili gli insegnamenti dei miei genitori, ma soprattutto l’umiltà, la cosa più importante che questa terra ha saputo darmi e che porto sempre con me. Dico sempre che nella vita bisogna mantenere i piedi per terra e la testa tra le nuvole: è la mia filosofia e cerco sempre di rispettarla e concretizzarla nella mia vita, sia professionale che personale.

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