La dignità dei Lucani dopo la tragedia

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I lucani vengono dalla terra e alla terra devono tornare. Magari sommersi dall’acqua. Un popolo abbandonato in balia di se stesso. Un popolo mite. Un popolo abituato a soffrire. Abituato a far fronte alle emergenze con i pochi mezzi sui quali può contare: le proprie braccia.
Un popolo che conta poche anime, tutta la regione ha (sulla carta) molti meno abitanti di una città come Roma, come Milano. Noi non siamo nè Roma nè Milano, abbiamo poca voce in capitolo. Non abbiamo il Po che potrebbe esondare, nè tanto meno una nevicata che ci metterebbe in ginocchio. Noi in ginocchio ci andiamo per molto meno. E, purtroppo, sempre più spesso.
Nessuno si preoccupa per noi. Forse, manco noi stessi. La tregedia dell’alluvione di queste ore non è che un trafiletto al tg1 delle h.8.00, e lo è perchè ci sono stati dei decessi, e ci sono stati in territorio pugliese.
Anche se a pochi chilometri dalla Lucania, sono accaduti in territorio pugliese. E non importa se le vittime sono lucane.
Forse non importa nemmeno a noi lucani. Pensiamo a farci la guerra tra i campanili, una guerra che non approda a nulla, che non arricchisce nessuno.
Una guerra tra poveri. Perchè siamo poveri. Una guerra che cessa solo se dinnanzi a queste tragedie. E, forse, manco del tutto.
E’ inutile recriminare coi se e coi ma… la storia non cambia.
Siamo un popolo che si unisce solo nelle tragedie. Ed è allora che diamo il meglio di noi. E’ allora che viene fuori la nostra vera anima. Quella vera, genuina, quella col cuore grande che ama il prossimo. Quell’anima che, metaforicamente, come l’acqua che ha distrutto muri e strade, scardina distanze e dissapori con la furia del cuore.
Se non ci rispettiamo tra noi non potremo mai pretendere rispetto dagli altri.

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