Il 9 novembre mobilitazione contro lo Sblocca Italia e le trivelle anche in Basilicata

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Domenica 9 novembre prossimo, in otto regioni italiane ci sarà una grande mobilitazione popolare per protestare contro il decreto Sblocca Italia che vuole consentire l’estrazione di petrolio e gas in terraferma e in mare senza rispettare vincoli e adeguate procedure di sicurezza ambientale e sanitaria.
Decine di presidi e manifestazioni verranno organizzati dal M5s in Basilicata, Campania, Puglia, Abruzzo, Molise, Calabria, Sicilia e Sardegna per dire no al decreto del governo Renzi che vorrebbe raddoppiare l’estrazione di idrocarburi in Italia con conseguenze catastrofiche come l’inquinamento delle falde acquifere e dei bacini idrici, la distruzione delle produzioni agricole e dello sviluppo turistico, il rischio di terremoti e l’aumento di patologie tumorali. Tutto questo con notevoli ripercussioni sul piano occupazionale, in particolare per i giovani disoccupati che abbandonerebbero le aree dove ci sono gli impianti petroliferi.
Il grido d’allarme lanciato dal M5s vuole evitare che il decreto Sfascia Italia venga convertito in legge entro il 12 novembre e trasformi vaste aree dell’Italia in un grande campo petrolifero in mano agli interessi delle multinazionali.
In particolare, la protesta mette sotto i riflettori gli articoli 36, 37 e 38 del decreto che sono stati scritti per favorire le aziende di idrocarburi, a svantaggio del territorio e delle popolazioni. Le inaccettabili norme proposte dal governo Renzi riportano nelle strette competenze dei ministeri competenti le autorizzazioni ambientali per le concessioni offshore (in mare), mentre per quelle in terraferma si fa riferimento ageneriche “intese” con le Regioni interessate, tutte in seno ad un titolo concessorio unico (concesso dal ministero dello Sviluppo economico), in odore di illegittimità ed incompatibilità con il diritto dell’Unione Europea. Pertanto, per ottenere i permessi, sarà sufficiente una sola domanda per eseguire ricerche e sondaggi prima e trivellazioni permanenti poi. E se la terra è privata ed appartiene a qualcuno che non la vuole vendere perché non condivide la logica della “pubblica utilità petrolifera”, ci sarà l’esproprio.
Tutto questo porterà ad una totale estromissione degli enti locali sia per il procedimento amministrativo, sia per la possibile violazione del “diritto di proprietà dei privati”, in più, se i progetti petroliferi comportano una variazione degli strumenti urbanistici, il rilascio dell’autorizzazione avrà effetto di variante urbanistica.
L’Italia è quindi ancora una volta un luogo dove le necessità di fare cassa di Renzi e il profitto delle multinazionali del petrolio contano più della salute delle persone e della tutela dell’ambiente.
Il M5s, in alternativa, propone programmi molto precisi per far allontanare l’Italia dall’uso delle fonti fossili e per andare verso il rispetto dei vincoli dell’Unione europea previsti dai “Piani 2020 e 2030” sulla riduzione delle emissioni, sul risparmio energetico e sulla produzione delle energie rinnovabili.
Il decreto Sblocca Italia va in tutt’altra direzione e, per queste ragioni, va a tutti costi contestato.

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