In relazione alla lettera aperta inviata lo scorso 3 dicembre 2013 da Pasquale Natuzzi al Presidente della Repubblica Italiana, Giorgio Napolitano, e pubblicata sui media nazionali, la comunità cinese di Matera rappresentata dall’Associazione Culturale Cinese, presieduta dall’imprenditore Zuqing Lin, precisa che “i lavoratori cinesi impiegati nel distretto del mobile imbottito di Basilicata sono, nella stragrande maggioranza dei casi, assunti regolarmente.
Nel distretto lucano del salotto le aziende condotte da imprenditori cinesi che impiegano manodopera cinese, rispettano le leggi sul lavoro e sulla sicurezza, anche grazie all’esperienza maturata nel corso degli anni. Gli imprenditori cinesi che operano qui da oltre 10 anni sono imprenditori maturi che conoscono le leggi sul lavoro e si sono sempre interfacciati con le istituzioni locali a tutti i livelli per migliorare costantemente le condizioni di lavoro. Gli operai non lavorano, come si vuol far credere, nel sommerso, ma sono tutti registrati e percepiscono uno stipendio adeguato, secondo quanto stabilito dai contratti collettivi di lavoro per questo settore.
Nelle aziende locali gestite da imprenditori cinesi vengono rispettati gli orari di lavoro e i dipendenti operano nella legalità. Pertanto non è corretto, ed appare strumentale, fare delle generalizzazioni riferendosi ad altri distretti produttivi italiani in cui viene utilizzata manodopera cinese. Il Distretto del mobile imbottito lucano impiega circa 250 operai cinesi che vivono prevalentemente a Matera con le loro famiglie. Le aziende cinesi che operano a Matera sono aziende sane e continuano a lavorare nonostante la crisi del settore.
A supporto di quanto affermato occorre precisare che le aziende gestite da imprenditori cinesi sono sottoposte regolarmente ai controlli del locale Ispettorato del Lavoro, delle Asl, e delle forze dell’ordine che periodicamente verificano i documenti degli operai e la regolarità dei permessi di soggiorno. Le aziende cinesi che operano nel distretto lucano del mobile imbottito rispettano i propri connazionali impiegati nelle aziende, pagano regolarmente le tasse, e continuano a lavorare con dignità nonostante le difficoltà del settore.
In tutto questo periodo le piccole e medie aziende cinesi non hanno mai fatto ricorso agli ammortizzatori sociali, ne mai richiesto cassa integrazione allo Stato Italiano per i propri dipendenti, come invece spesso è accaduto da queste parti con i marchi leader del settore. Le aziende cinesi non hanno mai beneficiato di contributi regionali per la formazione professionale o di sgravi fiscali di alcun tipo. Non dimentichiamo che in moltissimi casi le aziende cinesi hanno lavorato (e lavorano) fianco a fianco con i leader di mercato stringendo accordi commerciali, partnership o ricevendo commesse. Il lavoro di queste aziende cinesi che operano in Basilicata ha contribuito allo sviluppo dei colossi del mobile imbottito. Gli stessi che ora prendono le distanze da questo modello produttivo ma che fino a ieri hanno condiviso.
E non è vero che la comunità cinese non produce ricchezza per il territorio. A Matera vivono circa 500 cinesi impiegati in maggioranza nel settore del mobile imbottito e nel commercio. Una comunità ben integrata che contribuisce all’economia cittadina prendendo in affitto case ed opifici industriuali o facendo spesa quotidianamente nei supermercati, nei negozi o utilizzando i servizi locali come tutti.
I cinesi che vivono a Matera, non rubano, ne delinquono. Non hanno mai creato disordini. E’ una comunità mite ed operosa che lavora solo per avere una vita dignitosa come tutti. I cinesi e gli italiani dovrebbero convivere in pace, e nessuno dovrebbe permettersi di strumentalizzare la tragedia di Prato per gettare ombre sulla comunità cinese di Matera con commenti irresponsabili riferiti a concorrenza sleale o a produzioni a prezzi bassi in spregio di qualsiasi regola.
Tutto ciò è poco credibile se a muovere le critiche al modello di business del distretto Pugliese e Lucano del salotto è il colosso dei divani che opera in un mercato libero e aperto alla concorrenza leale, ma nello stesso tempo manda grosse commesse di lavoro in Cina togliendole alle aziende locali (italiane o cinesi che siano) o espone nella via più lussuosa di Shanghai le sue produzioni.
Forse prima di scrivere al Presidente Napolitano occorrerebbe riflettere su quanto finora si è fatto e su come si è operato nel distretto produttivo del mobile imbottito negli ultimi trent’anni. Ben prima che arrivasse la manodopera cinese, ultimo anello della filiera produttiva”.