LA NUOVA PIAZZA VITTORIO VENETO. L’ARCHITETTO MATTIA ACITO INVITA ALLA RIFLESSIONE. IL PROGETTO VA CONDIVISO CON LA CITTA’

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1990

Sulla questione del rifacimento di Piazza Vittorio Veneto riportiamo l’intervento dell’architetto Mattia Acito colui che insieme ad altri architetti progettò, nel 1987, l’attuale piazza i cui lavori si conclusero nel 1991. Un intervento pacato ma incisivo che invita tutti alla riflessione e che rimarca come il progetto di uno spazio pubblico è un atto di grande responsabilità che va condiviso con la cittadinanza. Il progetto della piazza principale di Matera è un intervento così importante che non può essere affidato “d’ufficio” ad un ingegnere sebbene appaia più logico l’affidamento ad un architetto visto che si interviene in una zona sottoposta a tutela. Ma quello che è più incomprensibile è perché l’Amministrazione comunale abbia seguito il metodo dell’affidamento diretto senza nessuna pubblicità per il progetto arrivando persino all’affidamento dei lavori senza che nessuno sapeva quale volto doveva assumere la piazza. Che senso ha diffondere una tavola progettuale (peraltro poco dettagliata) dopo che i lavori sono stati decisi ed affidati e sono in procinto di partire dopo la Bruna?

Ora aspettiamo che l’Amministrazione comunale si esprima su questa spinosa vicenda. Mentre su questo ennesimo sfregio che si compie in città registriamo il silenzio “colposo” dell’Ordine degli Architetti di Matera che da sempre ha contestato la prassi dell’affidamento diretto sottosoglia in favore del concorso pubblico. Il progetto della piazza centrale di Matera deve essere un progetto “partecipato” e condiviso, e non un “atto di forza” amministrativo, una  imposizione alla città.

“In questi giorni – afferma Mattia Acito- ricevo molte telefonate di cittadini materani allarmati per le notizie apprese a mezzo stampa di imminenti lavori in Piazza Vittorio Veneto. Sinceramente non ero informato, pensavo altresì che ci fosse confusione con i più noti interventi nella vie limitrofe (Via del Corso, Via delle Beccherie etc.).
Oggi ho letto (su segnalazione) un articolo che pubblicava anche schizzi di progetto… e sono aumentate le telefonate.
Perché a me? Perché io ho fatto parte del gruppo di progettisti (con Rota, Gandi, Boccia, Padula, Giordano).
Correva l’anno 1987 e “Matera si progettava”. Furono dati diversi incarichi a gruppi formati da un architetto senior, portatore di esperienza e architetti junior che erano portatori…di entusiasmo.
Dovevamo progettare la nuova Piazza della città, quella dove tutti noi passeggiavamo, dove tutti ci incontravamo, dove passavamo in auto. Poco o nulla sapevamo della “città invisibile”, che sotto di noi si stendeva silenziosa, tombata.
Durante i lavori “scoprivamo” ogni giorno un vano scavato, una traccia, una cisterna, una torre, una conceria… Non ho mai dimenticato l’orgoglio degli operai della impresa Nuzzaci che facevano a gara ad informarmi delle impreviste novità. L’emozione più forte fu la scoperta del Palombaro Lungo che le immagini di TRM diffusero parlando della nostra “Cattedrale dell’acqua”.
Il “giovane” dottor Mauro Padula e Camilla Motta certificarono l’importanza degli “Ipogei” (parola diventata di uso comune in quegli anni) per la storia della città, pubblicando due libri “Piazza Vittorio Veneto – La Storia” e “Giù per su”. Quella pressione culturale la sentivamo tutta, facevano e rifacevano i disegni seguendo gli scavi, muovendo la sede degli alberi, attenti alle radici che non dovevano più rompere le rocce sottostanti. L’Amministrazione Comunale (Sindaco Saverio Acito) prese la decisione più coraggiosa: chiudere al traffico. I lavori furono consegnati nei tempi e nei costi previsti e questo va a lode dell’Impresa, dei funzionari, degli Enti, degli Uffici, dei tecnici e…dei cittadini che ogni giorno potevano vedere i lavori nel nostro “cantiere aperto”. Tutti insieme perché si stava realizzando la Piazza di Matera. Erano gli anni in cui eravamo sotto osservazione degli esperti UNESCO incaricati di valutare la candidatura di Matera Patrimonio dell’Umanità (Cartagena 1993).
Ricordo la visita negli ipogei e lo stupore nel Palombaro Lungo: la Piazza contribuiva al buon giudizio dei commissari.
Ho voluto ricordare questo perché un progetto pubblico è un atto collettivo, di grande responsabilità per chi firma, per chi amministra, per chi autorizza, per chi esegue.
Decidemmo di lasciare aperti i vicinati a Pozzo del Fondaco di Mezzo, del Santo Spirito, di San Domenico, perché non fossero mai più dimenticati, tombati, perchè fossero testimonianza, storia, cuore.
La Piazza era “Giù e Su”, era fuori e dentro. Sentire qualcuno ancora oggi chiamarli “buchi”, lo considero una offesa alla memoria, alla storia della città.
Finalmente, negli ultimi anni si è tornati a parlare del “Visitor Center”, degli Ipogei di Piazza Vittorio Veneto come luogo per raccontare Matera attraverso le sue architetture scavate unite ai moderni sistemi audiovisivi.
Sono stati investiti negli anni molti soldi pubblici e tutti attendevamo l’auspicata fine dei lavori per poterci andare e per poter portare i visitatori. D’altronde un saggio della potenzialità del sito ci è stata fornita dai dati dei visitatori del Palombaro Lungo che si sono tenuti aperti grazie ad associazioni volontarie.
Questo fino ad oggi.
Apprendo dalla stampa che già nel 2012 è stato discusso un progetto in Conferenza di Servizi, che ci sono stati ancora negli anni a seguire altri passaggi autorizzativi che approvavano ciò che oggi i giornali hanno fatto vedere. Oggi con il turismo in crescita, con le attenzioni sulla città che arrivano (finalmente) dal mondo, con la necessità di aprire i “nostri scrigni”, si presenta l’idea di chiudere, nascondere, ignorare. Forse non tutti sanno che dal Fondaco di San Domenico si estende una rete di ambienti ipogei storici che passando sotto la Chiesa del 1200 terminano sotto i giardini della Prefettura. Ci sarà chi questo lo vede come un’opportunità da esplorare e chi invece lo chiamerà ancora “un buco insignificante”. Punti di vista, naturalmente, ma almeno parliamone firmando le nostre parole.
Io non parlo del progetto, non ho alcuno strumento per discuterlo, non saprei con chi.
Il lavoro degli architetti è soggetto a rifacimenti, ripensamenti, restyling, lo sappiamo bene quando mettiamo su carta le nostre visioni, quando la responsabilità ci accompagna giorno e notte.
Con il cuore invito tutti a pensarci, con tutta la passione e la serenità che accompagna chi ama questa città.
Io ormai da anni chiudo le mie conferenze su Matera con queste frasi: “…al di là del fiume e delle montagne sorge “Matera” città che chi l’ha vista una volta non può dimenticare. Ma non perchè essa lasci come altre città memorabili una immagine fuori dal comune nei ricordi. Matera ha la proprietà di restare nella memoria punto per punto. Il suo segreto è il modo in cui la visione scorre su figure che si succedono come in una partitura musicale nella quale non si può cambiare o spostare nessuna nota. Questa città che non si cancella dalla mente è come un’armatura o reticolo nelle cui caselle ognuno può disporre le cose che vuole ricordare…”
Mi sarebbe piaciuto scrivere così bene, ma questo è Italo Calvino ne “Le Città invisibili” che, naturalmente non usa la parola “Matera”, ma sembra proprio parlare di noi.
Buona riflessione”.

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