Brescia, 28 maggio 1974, Piazza della Loggia: durante una manifestazione sindacalista antifascista, la violenta deflagrazione di un ordigno provocò la morte di 8 persone e il ferimento di altre 100. Da quel momento in poi sono trascorsi 41 anni di indagini di Polizia e Magistratura, processi, inchieste ufficiali e parallele dei Servizi Segreti che oggi hanno condotto ad una verità processuale che acclara definitivamente la matrice ordinovista veneta dell’eccidio, contestualizzata all’interno della strategia dell’eversione nera che serpeggiava nell’Italia post sessantottina e che evidenziava i prodromi del periodo più violento della sua storia, ovvero quella degli “anni di piombo”.. Questo il senso della Sentenza resa il 22 luglio u.s. dai Giudici della Corte di Assise di Appello di Milano che hanno condannato all’ergastolo Carlo Maria Maggi, medico veneziano, all’epoca Ispettore di Ordine Nuovo per il Trivenento e Maurizio Tramonte ex Fonte Tritone dei Servizi Segreti per la strage di Piazza della Loggia a Brescia. La “sentenza impone una profondissima riflessione su quegli anni dal 1969 al 1974” ha dichiarato il Presidente dell’Associazione Familiari delle vittime di Piazza della Loggia, Manlio Milani, che in seguito dell’eccidio perse la moglie. Una storia processuale infinita, fatta di avanzamenti e battute d’arresto, processi bis e ter, condanne, assoluzioni, annullamenti di sentenza, dunque cassazioni con rinvio; e ad ogni fase processuale la ragnatela si allargava, coinvolgendo sempre nuovi personaggi, tra i quali spiccano i nomi di uomini dello Stato e dei Servizi Segreti, come Ermanno Buzzi e Angelino Papa; ma a questi se ne affiancarono altri altrettanto notori come quello di Angelo Izzo, uno dei mostri del Circeo e di uomini politici dell’epoca, tra cui Pino Rauti (MSI), Delfo Zorzi, militante di Ordine Nuovo, nonché quello del Generale dei Carabinieri Francesco Delfino, poi tutti assolti. Ma la svolta vera arriva nel 2014, allorché la Cassazione stabilisce che devono essere approfondite le posizioni di Maggi e Tramonte per i quali è arrivata la condanna definitiva: ergastolo. E oggi, alla luce di questa statuizione l’interrogativo è doveroso: una “verità” raggiunta dopo 41 anni di processi quanto offende più del reato stesso coloro che, quella verità la rivendicavano legittimamente ed in tempi ragionevoli? Come può, uno Stato di diritto permettere e tollerare simili aberrazioni del sistema giudiziario senza rendersi esso stesso correo? D’altronde, il processo per la strage di Ustica ci suggerisce palese la risposta.
Laura Dicecca