Termovalorizzatore si? Termovalorizzatore no? A Bernalda e Metaponto la domanda impazza ormai da settimane ed anche la società Lucana Ambiente srl esce allo scoperto per chiarire alcuni punti salienti del progetto da realizzare in Zona Pantanello e per rassicurare la cittadinanza. ” In tutte le valutazioni e discussioni di questi giorni sulla nostra proposta progettuale- afferma la società in un comunicato- si omette di parlare dell’impianto di compostaggio, che invece rappresenta il core business della nostra attività, sia in termini economici che di impiantistica, considerato che il 90% dello spazio occupato dalle strutture tecnologiche riguarda la produzione di compost di qualità. Per il processo di compostaggio si è scelta la tecnologia delle biocelle con insufflazione di aria calda, che offrono caratteristiche di rapida maturazione del compost (circa 21 giorni)e una lavorazione esclusivamente in ambiente chiuso, senza produzione di odori sgradevoli. L’impianto si auto produce l’energia termica di cui ha necessità, sfruttando anche la cogenerazione per la produzione di energia elettrica, attraverso un bruciatore che funziona sia a metano sia con il syngas prodotto in impianto. La produzione di energia elettrica, grazie alla vendita dei certificati verdi e del surplus di energia, serve, inoltre, a bilanciare il business planning per un investimento così cospicuo”.
PRECISAZIONI SULL’IMPIANTO- La società di Bernalda entra nel merito della questione e contesta la cattiva informazione che in questi giorni si sta facendo nelle due comunità: “Noi siamo sicuri che la nostra attività non produce effetti negativi sull’ambiente e sulle persone” poichè, a detta dei responsabili di Lucana Ambiente, la centrale di cogenerazione annessa all’impianto di compostaggio è di ridotte dimensioni, con una potenza di circa 0,9 Mwe: questo comporta emissioni puntuali e limitate. Date le limitate dimensioni, ” assimilare il nostro impianto a qualunque tipo di termovalorizzatore che presenta, in genere, potenze di decine o anche centinaia di Mwe, è fuorviante”.
EMISSIONI- La società spiega anche le modalità di depurazione delle emissioni, articolate in cinque fasi: “La prima avviene sul syngas, ancora prima di avviarlo a combustione, attraverso il passaggio in uno scrabber a battente d’acqua per la neutralizzazione acido/base e l’abbattimento delle polveri; dopo la combustione i gas di scarico passano attraverso un secondo scrabber per un ulteriore abbattimento di componenti acido/base e polveri; poi i gas depurati dallo scrabber passano attraverso un classico filtro a maniche per la riduzione delle polveri; e ancora, dopo il filtro a maniche, i fumi passano attraverso un biofiltro; infine, quando realizzate, i fumi saranno fatti gorgogliare attraverso l’acqua delle vasche adibite alla coltivazione delle alghe”.
LE CONTESTAZIONI DEL COMUNE DI BERNALDA- Proprio sulla coltivazione microalgare il Comune di Bernalda ha sottolineato la mancanza di progettualità, ma la società afferma che ” dopo una serie di valutazioni tecnico – scientifiche , abbiamo dato incarico per la progettazione delle stesse. Contiamo di presentare la documentazione progettuale ancora prima di iniziare i lavori di realizzazione dell’impianto. A tale proposito va detto che la scelta del luogo non è casuale, in quanto contiamo di sfruttare l’acqua di falda salmastra presente in loco per garantire la realizzazione di un habitat adeguato alla crescita degli organismi utilizzati per la coltivazione”. La società in questione critica anche la posizione del Comune circa la mancanza di infrastrutture idonee in zona Pantanello, altra causa di inidoneità della zona al progetto secondo l’ente: ” L’accesso alla piattaforma di recupero è assicurata dalla rete viaria di servizio dell’area industriale che è lambita dalla superstrada SS 106, mentre la rete stradale interna si sviluppa essenzialmente lungo la direttrice S.S. 407 “Basentana” facilitando la comunicazione con le aree interne della regione”.
QUALI RIFIUTI ARRIVERANNO?-Precisazioni, infine, giungono anche sulle tipologie di rifiuti che arriveranno presso l’impianto metapontino di compostaggio: ” L’impianto utilizza solo la frazione organica dell’RSU e gli scarti delle produzioni e lavorazioni agricole e di giardinaggio e quindi non ricompattiamo nessun materiale precedentemente differenziato; considerato, inoltre, che nella frazione organica differenziata si trova statisticamente circa il 6% di materiali estranei quali metalli, vetro e plastica, il trattamento in impianto prevede la selezione e il conferimento di questi materiali alle piattaforme di recupero, migliorando quindi, la raccolta differenziata fatta dai cittadini. I rifiuti e i materiali da trattare nell’impianto provengono dai comuni circostanti. L’impianto necessita, infatti, di circa 20.000 t/anno di frazione organica (scarti di cucina) prodotti con la raccolta differenziata e di altri 10.000 t/anno circa di scarti di produzione e lavorazione agricola. I soli comuni della provincia di Matera producono oltre 38.000 t/anno di frazione organica: al nostro impianto ne bastano la metà”.
NUOVO DIBATTITO ALL’ORIZZONTE- Le posizioni della società sono molto chiare e provano a confutare con dati tecnici i timori che la cittadinanza intera sta vivendo. Paure comprensibili visto che non è in un contesto ambientale salubre che questo impianto di compostaggio punta ad inserirsi, viste le vicissitudini legate alla Val Basento, qualificata come Sito Inquinato Nazionale. Intanto il Comitato “NO Gassificatore Bernalda e Metaponto” ha indetto per il prossimo 30 gennaio un incontro pubblico per discutere della questione e, per l’occasione, ha invitato il Vice Presidente dell’Associazione Medici per l’Ambiente Ferdinando Laghi che potrà chiarire i pro e i contro di un impianto del genere dal punto di vista scientifico-sanitario.