Lucana Ambiente rifiuta di incontrare il Comune di Bernalda: la parola ora passa ai tribunali

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Non c’è stato alcun incontro tra l’Amministrazione di Bernalda e i tecnici della società Lucana Ambiente, azienda jonica che vorrebbe costruire sul suolo metapontino un impianto di compostaggio. La querelle, nata nelle scorse settimane, vede contrapposti da una parte i tecnici e i responsabili della società lucana che difendono il loro progetto e rivendicano gli effetti positivi che porterebbe nella zona; dall’altra parte il Comitato No Gassificatore Bernalda e Metaponto, con i membri agguerriti e pronti a dare battaglia per tutelare salute e ambiente. Lo scontro tra le due fazioni ha portato la società jonica a diffidare ufficialmente i membri del comitato cittadino, accusati dal responsabile unico Silvia Mattia di divulgare presunte verità circa pericoli alla salute pubblica e circa presunti legami mafiosi. Il Comune di Bernalda, nella figura del Sindaco Domenico Tataranno, si è pubblicamente esposto contro l’installazione dell’impianto in zona Pantanello, avviando un’azione legale di fronte al TAR di Basilicata contro l’autorizzazione concessa dalla Giunta regionale in favore della società Lucana Ambiente lo scorso dicembre. L’ultimo evento in ordine cronologico sulla questione è la rinuncia da parte della società di incontrare l’Amministrazione bernaldese: in un comunicato i responsabili di Lucana Ambiente dichiarano: “Alla luce della comunicazione dell’Amministrazione Comunale di Bernalda (MT), ricevuta oggi 25 febbraio 2015, relativa alla negazione definitiva dei lotti (in zona Pantanello) precedentemente assegnati, riteniamo che l’incontro, da noi richiesto, per illustrare il vero progetto della Lucana Ambiente al Sindaco ed al Consiglio Comunale non abbia più senso. La Lucana Ambiente ritiene pertanto di far valere le proprie ragioni in altre sedi”. Il responsabile unico Silvia Mattia spiega in una nota le motivazioni che hanno spinto la società a diffidare i membri del Comitato: “A quanti in questi giorni ho scritto per diffidarli dall’esprimere giudizi altamente lesivi della mia dignità personale, in quanto definita persona dannosa per l’ambiente e per la salute, e addirittura portatrice di collegamenti mafiosi, in una attività diffamatoria impegnativa e prolungata, con scopi a me ancora poco chiari, ribadisco, da persona offesa, che ritengo assurdo che, con profonda alterazione della realtà dei fatti, siano loro a sentirsi offesi per una nota da me sottoscritta in forma personale e privata. Vorrei ricordare a tali individui che la dignità e il rispetto della persona sono valori primari, diritti inviolabili di ogni singolo cittadino, che nessuno può permettersi di calpestare. E che la diffamazione senza un reale fondamento è un reato perseguibile. Pertanto- conclude Silvia Mattia- ritengo certamente opportuno, al fine di salvaguardare il mio buon nome e non più soltanto gli interessi della società, di dover procedere a farmi difendere, e non più a difendermi, nelle giuste sedi”.
L’impressione è che la situazione sia tutt’altro che in fase di risoluzione e l’annuncio delle parti in causa di adire le vie legali prolungherà ancora i tempi dello scontro.

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