Il progetto sostenibile per vico Commercio esiste dal 2004. Ma in pochi hanno letto le riviste di settore. Ben prima che fosse indetto il concorso per la riqualificazione di Vico Commercio che ha partorito un ponte in acciaio e un ascensore, elementi entrambi estranei al contesto dei Sassi di Matera, la rivista di architettura L’Arca dava spazio ad un progetto su Vico Commercio, redatto nel 2004 da un architetto di Matera. Nessuno lo ha letto. O forse si è fatto finta di non sapere che esisteva uno studio e un progetto su Vico Commercio. Tra le pagine della prestigiosa rivista internazionale di architettura (numero 206 del settembre 2005, pag. 64) trova spazio un ampio articolo nel quale l’architetto Angelo Stagno illustra la sua proposta progettuale per il recupero dell’area interessata dal crollo senza stravolgere la morfologia dei luoghi, anzi ricostruendola nel pieno rispetto delle tecniche costruttive tradizionali e introducendo tecnologie innovative “sottopelle”. E se una rivista di architettura pubblica un progetto significa che ha un valore o è rappresentativo per l’approccio suggerito dall’intervento. Ma a Matera la cosa non interessa a nessuno anzi a fare specie è la scarsa sensibilità sulla questione dimostrata dagli addetti ai lavori: assessori, consulenti, sindaci, soprintendenti, progettisti.
“La costruzione delle nuove unità – si legge nell’articolo della rivista L’Arca – pone come intento primario il ripristino di un segmento urbano letteralmente inghiottito dal crollo, dovuto alla fessurazione della ormai fragile impalcatura tufacea su cui si poggiava l’agglomerato residenziale. Il cedimento è generato in gran parte dall’incalzare delle radici di una vegetazione infestante alla ricerca di sacche umide e nutrimento, vere e proprie lame per questo materiale particolarmente poroso e condizionato da un costante assorbimento idrico, nonché dalla disgregazione endogena del materiale stesso. La massa di calcarenite sedimentaria, detta impropriamente tufo, costituisce il materiale in cui è scavato il sistema di grotte, e quindi struttura portante per le fondazioni dei manufatti sovrastanti. Non più protetta dalla accurata manutenzione, operata sistematicamente e con perizia dagli abitanti, questa volubile ma al contempo fragile costruzione è destinata a degenerare.
L’intento progettuale pone alla base dell’intervento il recupero del sistema di grotte in parte devastate dal cedimento. Il ripristino del volume scavato, così come il recupero delle volte in grotta, spesso indebolite o minacciate da lesioni in continua espansione, si realizza attraverso la costruzione di anelli di sostegno. Inseriti all’annessione della volta costruita con gli spazi scavati o nelle sezioni condizionate dal consistente indebolimento, questi elementi si inseriscono come protesi strutturali senza incidere sulla massa tufacea e proponendosi come impalcatura stabile e autonoma”. Dunque nel progetto dell’architetto Stagno l’elemento di recupero statico si colloca con estrema flessibilità nell’area d’intervento, offrendo risoluzioni provvisorie o definitive senza incidere irrimediabilmente sulla natura del sito. La ridefinizione dei camminamenti, scalinate e rampe di collegamento, avviene in armonia con le preesistenze viarie e volumetriche, garantendo quindi il riassetto di una rete di percorsi ovviando a vicoli ciechi e assicurando un comodo collegamento agli assi viari principali.
“Le unità realizzate ex-novo, – si legge ancora nell’articolo – pur avvalendosi in parte delle tracce ancora esistenti dei fabbricati distrutti dal crollo, assumono forma e dimensioni classiche, strutturandosi secondo i parametri dettati dalla costruzione di volte a botte, a tutto sesto o anche con teste di padiglione, degli antichi lamioni, unico vero manifesto della grotta ricostruita in positivo. Per la sua qualità strutturale ed economicità formale, la volta in conci di tufo, sorretta da archi di fondazione integrati nella muratura portante, si riconferma quale elemento caratterizzante di questi nuovi spazi abitativi. Le nuove unità, costituite quasi esclusivamente da monolocali di superficie variabile da 40 a 13 metri quadrati, sono adeguatamente fornite di servizi e accessori a norma, e suddivisi al loro interno da pareti mobili leggere, scorrevoll o ribaltabii, tanto da permettere la fruizione dell’intera superficie senza sacrificare le qualità ottiche e funzionali del volume interno.
Le caratteristiche di facciata delle nuove edificazioni, rispettano la sobrietà che contraddistingue queste case contadine, parche di decori e manierismi storici ma avvezze al buon gusto misurato dall’essenzialità funzionale. Ogni livello costruito di questi manufatti, disposti a mezza costa, è accessibile dai vicoli a essi immediatamente adiacenti; per i livelli più alti a mezzo del camminamento posto a ridosso del fabbricato, e alla base dal vicolo antistante ai locali disposti al piano terreno, questi ultimi a loro volta collegati con le grotte retrostanti a costituire l’atrio d’ingresso degli spazi scavati.
Destinati ad attività commerciali di vendita al dettaglio e a officine artigiane, così come a uffici privati o a strutture pubbliche e di servizio, i locali annessi alle grotte con accesso diretto dalla strada, costituiscono l’elemento introduttivo alla città realizzata in negativo. La destinazione d’uso dei fabbricati ottenuti da questo intervento, si rivolge in particolar modo all’uso abitativo e commerciale, agevolato della fruibilità offerta dalla vantaggiosa vicinanza al centro cittadino. La presenza di esercizi commerciali per i generi di prima necessità al dettaglio e attività di servizio, assolverebbero in buona parte all’esigenza dei nuovi utenti del quartiere, privilegiando un’infrastruttura viaria unicamente pedonabile, al tempo stesso strumento sociale e arteria urbana. L’obbiettivo posto a premessa del programma progettuale, restituisce quindi, attraverso strutture adeguate e in parte già esistenti, un elemento indispensabile alla Città, estratto dalla sua essenza più antica”.
Dunque bastava un po di attenzione verso i progettisti locali o semplicemente leggere una rivista di settore molto diffusa come “L’Arca” per accorgersi che un architetto di Matera aveva pensato, già nel 2004, ad una soluzione poco invasiva per quella zona dei Sassi. Poteva senz’altro essere un punto di partenza, una linea guida, sulla quale costruire il bando di concorso per recuperare la zona. Ma si è preferito scegliere la strada più tortuosa, con i risultati che sono sotto gli occhi di tutti. E questa vicenda conferma che nessuno è profeta in patria: l’architetto Angelo Stagno ora vive in Austria dove insegna alla Facoltà di Architettura dell’Università di Innsbruck. Allora riecheggiano come profetiche le parole dello scrittore Giorgio Bassani (che fu anche presidente di Italia Nostra) che in un intervento a Matera nel 1967 disse: “Sono estremamente pessimista circa la sorte dei Sassi, come per Venezia. Le Amministrazioni comunali specialmente se progressiste devono preservare le città e i centri storici dall’invasione da quella specie di Internazionale del vetro, dell’acciaio e del cemento armato che sta coprendo di noia e di conformismo tutte le terre, tutti i Paesi e che pensa soprattutto ai propri affari”.